I miei auspici per il 2014

Per l’anno che ci attende ho diversi (utopici?) auspici.

Spero che la transfobia e l’omofobia interiorizzata, spettri ancora troppo presenti nella nostra comunità, se ne vadano finalmente in soffitta, di non dover più incontrare persone di nemmeno vent’anni che si vergognano come ladri del loro essere trans*, lesbiche, gay, bisessuali, ben nascoste e già vittime del peggiore conformismo.

Spero che questo sia l’anno dei “coming out” di massa, della visibilità e dell’orgoglio LGBT*. Spero che molte persone vincano la paura e si dichiarino, perchè non c’è cosa più bella e liberatoria del potersi mostrare alla luce del sole, portando la tua differenza con dignità e orgoglio, nella vita vera. Questa sarebbe la chiave di volta del cambiamento culturale che spesso invochiamo.

Spero che il 2014 veda l’affermarsi del principio di laicità dello stato,  che la gente finalmente si svegli, e che l’operazione di restlyling di Bergoglio vada a farsi benedire.

Spero che certi principi borghesi concepiti unicamente al mantenimento dello status quo, che spesso finiscono col dividerci, vengano finalmente smascherati. Non è vero che “siamo tutti sulla stessa barca”, e che il “noi” in contrapposizione al “loro”, non esiste. Esiste, eccome!
Il maschio-bianco-eterosessuale ha diritti che io posso solo sognarmi, da una parte c’è lui e dall’altra ci sono io, punto.
Lo stesso dicasi per la dicotomia ricco/povero, lavoratore dipendente/datore di lavoro, bianco/nero.
In questo nostro paese ci sono privilegiati che lo sono sempre di più, e povera gente che arranca con sempre maggiori difficoltà, e questi ultimi devono incazzarsi con i primi, e lottare.

Il mio più sentito e affettuoso augurio per questo 2014 va quindi a chi lotta ogni giorno. Che sia un anno di diritti conquistati per noi tutt*, ora e sempre nello spirito di Stonewall!

Giovane gay suicida a Roma

Penso a quelli che hanno messo Simone, il 21enne romano che si è tolto la vita buttandosi dall’11° piano, nell’impossibilità di continuare a vivere. Non so perchè, ma provo ad immaginare le loro facce, le loro abitudini, cosa fanno e di che si occupino fra un insulto omofobico e l’altro, tra un “frocio!” e un “culattone!” gridato a qualcun* che dentro, lentamente, nell’indifferente omertà di tutti, muore. La cosa che mi fa tremare le mani di rabbia è sapere che questi mostri andranno avanti con la loro vita, e sicuramente fra qualche anno si faranno anche una bella famiglia, con mogliettina e bimbi al seguito (perché, ricordiamolo, a loro nessuno preclude il diritto alla genitorialità, ad una famiglia). Certo, non dopo essersi lavati la coscienza con qualche parola di circostanza sulla morte del ragazzo. Se la caveranno come sempre con poco, non dovranno neanche pagare un prezzo in termini di riprovazione sociale dei loro comportamenti, dal momento che nessuno, nel loro omofobico, arretrato e stupido microcosmo, li riterrà responsabili per la morte del ragazzo. Del resto, “sono ragazzate”, era lui, poverino, ad essere “troppo sensibile”, non è vero?

Palermo Pride 2013

Aspettando il volo che mi riporterà a Milano, sorrido ripensando alle belle emozioni che il Pride di Palermo mi ha regalato. L’inaspettata accoglienza che la città ci ha riservato,  il calore della gente, l’entusiasmo dei tanti giovanissimi che hanno partecipato, la consapevolezza che sfilando stessimo facendo qualcosa di davvero importante per molti… A qualcuno parrà esagerato, ma in diversi momenti ho provato commozione… erano anni che non mi succedeva ad una manifestazione. Un abbraccio e ancora un sentito grazie a chi ha reso possibile tutto questo. Ciao Palermo!

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Per una comunità TLGB

(discorso pubblico al pride milanese del 2008)

Voglio anzitutto rivolgere un saluto ed un sentito ringraziamento a tutte le persone trans che hanno partecipato a questo corteo; grazie per aver portato il nostro orgoglio a questa manifestazione.

Il Pride è un momento molto importante di ritrovo ed elaborazione per la comunità LGBT, ed io credo che la nostra funzione sia quella di dare senso e contenuto a quella T* che dovrebbe rappresentarci.

A tutti coloro che, come ogni anno, hanno espresso la propria contrarietà alla presenza delle persone trans ai Pride, voglio dire che noi facciamo parte del DNA di questo movimento, da Stonewall in poi, e che il nostro diritto di cittadinanza in questo spazio pubblico non è e non deve essere messo in discussione.

Noi viviamo il nostro Pride 365 giorni l’anno, dal momento che, in molti casi, basta guardarci per capire chi siamo.

Proprio per questo il nostro punto di vista sul mondo e sulla società potrebbe essere una risorsa per tutta la comunità. E chissà che, dal prossimo anno, la nostra comunità sia TLGB.

Dobbiamo pretendere che il movimento, oltre alla sacrosanta rivendicazione di diritti e riconoscimento per le coppie gay e lesbiche, rivendichi in ogni occasione i diritti civili negati alle persone transessuali e transgender in questo paese.

Un paese che vorrebbe vederci solo sulle strade, la notte.

Un paese che spinge ogni anno molte di noi verso la prostituzione, negando la possibilità di un lavoro diurno, negando la nostra dignità.

Un paese che ci nega documenti conformi con la nostra identità, che ci spinge a normalizzarci ed omologarci, spesso contro la nostra volontà, prevedendo due sole possibilità: uomo o donna.

Un paese che sta a guardare mentre nel quartiere Prenestino a Roma le destre, ahimè sempre più potenti, organizzano ronde e catturano trans, le prendono per i capelli, le insultano, le umiliano, contando sull’indifferenza dell’opinione pubblica.

Non pensate che quanto accaduto a Roma non vi riguardi, sarebbe un gravissimo errore.

Una regione Lombardia che assolda solo medici obiettori che rifiutano di assistere le persone trans, negandoci il diritto di autodeterminazione, ovvero la possibilità di decidere liberamente del nostro corpo, di intraprendere quel percorso di transizione che ci rende finalmente noi stess*.

La Lombardia, attraverso la sua amministrazione sanitaria, rifiuta le persone trans. Per questo a Milano diventa è sempre più difficile portare avanti il nostro percorso di transizione.

Io dico che è ora di far sentire la nostra voce.

Voglio concludere con un appello all’unità del nostro movimento.

Smettiamo di essere divisi, perché tutti noi, gay, lesbiche, trans, donne, abbiamo nemici comuni, in primis le destre, il fondamentalismo cattolico e la cultura maschilista e patriarcale.

Smettiamo di sottolineare ciò che ci divide e battiamoci insieme affinché questo Paese possa finalmente definirsi LAICO e CIVILE.